#AnneFrank.Vite Parallele.

Lo scorso 24 gennaio, io e i miei compagni  abbiamo potuto partecipare ad una delle iniziative, messe in atto dalla scuola, per commemorare l’imminente Giornata della Memoria: la proiezione del docufilm  #AnneFrank.Vite Parallele.

Il docufilm,  diretto da Sabina Fedeli e Anna Migotto, parte dalla lettura di alcuni brani del Diario di Anne Frank: tale testo, nell’economia del docufilm, ha la facoltà di tenere aperti i cancelli di Auschwitz,  per far uscire le testimonianze e far comprendere gli errori.

La voce narrante dell’attrice Helen Mirren fa da sfondo ad un viaggio, che attraversa i luoghi della memoria della Shoah, oggi visitati da una coetanea di Anne Frank, Katerine,  interpretata dall’attrice Martina Gatti, protagonista del bellissimo lavoro, insieme ad altre cinque forti Donne, Mamme e Nonne, sopravvissute alla tragedia della Shoah.

Non ci sono parole di conforto.

Rimangono parole acide, parole velenose, parole sterili, come sterile è la mente di chi ha dato vita a tutto questo.

Sono rimasta sconvolta nel vedere com’é stato negato, in breve tempo, a tutte quelle persone (ebrei o meno) di poter gioire, vivere il primo amore, la gioventù e la vecchiaia.

Sono rimasta delusa del lungo tempo silenzioso, che sarebbe dovuto essere assordante e corto, affinchè non fosse mai permesso l’orrore dell’Olocausto. Se comprendere è impossibile, conoscere, però, è necessario.

Siamo fortunati ad avere dei sopravvissuti…

Ma quando queste testimonianze dirette non ci saranno più, quando la loro voce non potrà più essere ascoltata, come faremo noi a ricordare? 

La verità è che siamo tutti testimoni della loro storia.

Siamo e saremo sempre i megafoni di queste Voci.

Chiara Randazzo V CS

Il 24 gennaio 2020 molti studenti del Liceo Corbino hanno assistito alla proiezione del film “#AnneFrank: Vite Parallele”, per celebrare il giorno della Shoah (anche se con leggero anticipo) con la visione di un docufilm, incentrato sull’orrore dell’Olocausto, attraverso i punti di vista dei sopravvissuti, delle parole di quelli che non ce l’hanno fatta e dei giovani, a cui il film è dedicato.

 Il docu-film è stato diretto da Sabina Fedeli e Anna Migotto e cerca di raccontare la storia della Shoah da più punti di vista: quello di Anne Frank, ragazzina ebrea il cui volto è diventato, nel tempo, un emblema della persecuzione nazista, alla quale viene data voce attraverso la lettura delle pagine del suo diario, da parte di Helen Mirren; quello di Arianna, Sarah, Helga, Andra e Tatiana, che, durante la loro adolescenza, hanno vissuto la stessa terribile esperienza dei campi di concentramento; quello dei nipoti di alcune di loro, che sentono la loro esperienza come un’eredità, da trasmettere alle future generazioni, per far sì che il ricordo di questo orrore non debba mai più essere una realtà. Infine, le testimonianze si intrecciano con il viaggio compiuto da Catherine, che dovrebbe ispirare i giovani a documentarsi, portando avanti la memoria di quanto accaduto. Seppure, nel complesso, il film e, soprattutto, le scene, che documentavano la vita nei campi e le testimonianze, siano stati molto significativi, crediamo che il ruolo della ragazza potesse essere meglio evidenziato, in modo da far comprendere a tutti l’importanza del suo viaggio, delle mete da lei visitate e della corrispondenza tra lei e “Kitty”, l’amica immaginaria di Anne, alla quale si confidava, per sfuggire alla vita solitaria, di chi è costretto a nascondersi.

Se si analizza più a fondo il docufilm, si potrebbe, però, dire che il regista ha voluto dare un giudizio positivo sui social media o sulle piattaforme web in generale: vediamo, infatti, come, lungo tutta la trama del film, Catherine, per avvicinarsi ad un pubblico più giovane, guidi gli studenti nei luoghi di Anne e delle superstiti della Shoah, tramite l’utilizzo di Instagram, Facebook e Twitter. Tramite i post e gli hashtag pubblicati dalla deuteragonista, il regista ha sì voluto ricordare quanto accaduto nei vari campi di concentramento, ma ha voluto anche sottolineare che fenomeni di tale brutalità non si dovrebbero più ripetere.

Un altro punto analizzato all’interno del docufilm è quello relativo agli esperimenti compiuti sugli ebrei dal Dottor Josef Mengele, detto anche “Dottor Morte”, che hanno posto fine alla vita di migliaia di persone.

Egli ingannava le cavie dei suoi esperimenti, facendogli credere che le avrebbe salvate dai campi di concentramento e le sottoponeva a torture atroci: iniettava colore negli occhi per vedere se diventassero azzurri; immergeva le persone nell’acqua a zero gradi, per valutare in quanto tempo morivano; praticava aborti per studiare i feti; faceva trasfusioni incrociate, prelievi di cellule, iniezioni di cloroformio nel cuore o di batteri mortali nelle ovaie.

Il Dottor Morte passa alla storia, in particolar modo, per gli esperimenti compiuti sui gemelli. Andra e Tatiana Bucci raccontano che vennero deportate ad Auschwitz quando avevano solamente 4 e 6 anni e che sopravvissero, perché scambiate per gemelle e, quindi, destinate agli esperimenti.

Ciò che è accaduto in passato, ai nostri occhi oggi appare quasi come una sorta di epidemia, che ha colpito inesorabilmente tantissimi esseri viventi non a causa di un virus poco conosciuto, come purtroppo sta succedendo ai nostri giorni, ma semplicemente per la pura volontà di chi ha avuto il folle coraggio di decidere che fosse necessario “fare pulizia” per avere solo una “razza pura” .

Giorgia Trigila IV G

Lorenzo Karol Buono I CS

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