Seneca e i mondiali in Qatar

Seneca era a tutti gli effetti la pecora bianca in un gregge oscuro come la notte.

In una delle sue “Epistulae morales ad Lucilium”, egli scrive: “ ‘Servi sunt’. Immo homines. ‘Servi sunt’. Immo contubernales. ‘Servi sunt’. Immo humiles amici. ‘Servi sunt’. Immo conservi”. [trad. “ ‘Sono servi’. Anzi uomini. ‘Sono servi’. Anzi compagni di percorso. ‘Sono servi’. Anzi umili amici. ‘Sono servi’. Anzi compagni di schiavitù.”]

Seneca, così, nel I secolo d.C., alla corte del sanguinario Nerone, sottolinea chiaramente come gli schiavi siano uomini tanto quanto i loro padroni.

È un pensiero molto moderno: Seneca individua in tutti gli uomini, senza relazionarli al ceto sociale, una dignità da mantenere e non calpestare. È uno dei primi esempi di riflessione sui diritti umani.

Oggi i diritti umani sono regolamentati e fissati in leggi ben precise, dunque la situazione rispetto ai tempi dell’Impero romano sembra essere molto migliorata. Eppure nella storia recente abbiamo varie manifestazioni della crudeltà umana, soprattutto negli ambienti di lavoro.

Il 20 novembre hanno avuto inizio i Mondiali di calcio in Qatar, intrattenimento di portata planetaria, reso possibile grazie allo sfruttamento e alle morti di migliaia di operai.

Nel 2010 in un’assemblea, la Fifa ha scelto (attraverso una votazione) il Qatar come paese ospitante dei Mondiali del 2022. Tralasciando lo scandalo (completamente passato sotto silenzio!) delle tangenti prese dai votanti, affinchè fosse proprio il Qatar la sede dei Mondiali 2022, dal 2010 è stata avviata la costruzione di stadi ed infrastrutture, atte ad ospitare i “Mondiali della vergogna”!

In Qatar esiste un istituto giuridico di nome Kafala, che legittima gli imprenditori ad avere pieni poteri sulle vite dei propri dipendenti. Tra le mille possibilità, un kafil (sponsor) può anche sequestrare i documenti dei propri operai, obbligandoli a lavorare a testa bassa. Tali operai vengono principalmente prelevati da Nepal, India, Bangladesh, Kenya e Filippine, dopo aver versato una cospicua somma che va da 500 a 4000 dollari americani. Secondo un’inchiesta del The Guardian, la maggior parte ha lavorato almeno 10 ore al giorno sotto il sole cocente (40° di media), con solo una misera pausa di 30 minuti e senza strutture mediche pronte al bisogno. Sono state contate 6500 morti (fonte: The Guardian) dal 2010 al 2021, cifra da considerarsi riduttiva visto che non sono stati considerati i registri di Kenya e Filippine. Infatti queste cifre non sono state fornite dal Qatar, che incredibilmente ha contato meno di 40 decessi, ma solo dal Bangladesh, India e Nepal. La maggior parte delle morti sono causate da arresto cardiaco provocato da un attacco di calore. Considerando che il caldo qatariota è spesso mortale, perché in molti casi non è stato nemmeno rispettato il blocco internazionale, ovvero il divieto in Qatar e paesi limitrofi di lavorare nelle ore più calde della giornata (tra le 12 e le 15)?

Forse perché prima dei diritti umani, anzi delle vite umane, vengono l’intrattenimento ed i soldi! E alla stragrande maggioranza degli italiani va bene così, visto che hanno messo da parte tutto questo solo per potersi accomodare sul divano e godere di  buon calcio.

Ed io sono colmo d’ira, perché chiunque attorno a me è pronto ad esultare appena la palla valica la rete, la stessa rete per la quale è morto un operaio.

Tutto ciò è manifesto del menefreghismo occidentale.

Seneca fu un intellettuale, godeva di una buona posizione, era ascoltato dalla sua gente. Io invece sono un semplice diciottenne, che si scontra contro una terribile realtà.

Lo stesso Seneca mi ha insegnato, nel “De ira”, a reprimere questo pericoloso sentimento con la ragione. Ed è ciò che farò, ma sono consapevole che se questa rabbia fosse comune negli animi delle persone, potremmo abbattere il silenzio omertoso.

Silenzio omertoso che, mio malgrado, rimarrà fino alla fine dei Mondiali, accompagnato dagli schiamazzi dei vincitori.

Giuseppe Naselli VC

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