Grande festa, l’8 marzo: ingresso, mimosa e gelato omaggio, diritti € 200 cadauno

Buon 8 Marzo, la Festa della Donna! Ah sì? È ancora così che la chiamano? Poveri loro, povere noi… Da quando è stata istituita, il più grande dei problemi è stato la sua eccessiva strumentalizzazione e capitalizzazione. Senza dubbio, il governo italiano continua a prendere sotto braccio questa definizione di festa, ed il resto della popolazione non è da meno: ingressi gratis in parchi e musei, nuovi gusti di gelati nelle gelaterie (???), serate dedicate in discoteche e in locali e mimose, mimose ovunque. Si conosce, almeno, il simbolismo di un gesto? Per l’esattezza, soprattutto, cosa c’è (anzi, non c’è) da festeggiare?

Cosa non sappiamo (o fingiamo di non sapere) sull’8 marzo

Tanti sono i dubbi sull’origine di questa giornata: tuttavia, ciò che ci rifiutiamo di accettare è riconoscere che questa non sia una festa. Oltre ai dubbi sull’incendio della fabbrica Cotton, la prima “celebrazione” avvenne il 28 febbraio 1909, con una manifestazione di donne in memoria di quella dell’anno precedente, organizzata con lo scopo di ottenere condizioni di lavoro dignitose. Comunque, viene riconosciuta ufficialmente una giornata apposita per celebrare la figura femminile nel momento in cui, in Russia, il 23 febbraio del calendario giuliano del 1917 (quattro giorni dopo la caduta dello zar), venne concesso il diritto di voto alle donne dal governo provvisorio. Successivamente, sarà Lenin ad istituire la Giornata della Donna nella data 8 marzo. In Italia, questa giornata, celebrata dal 1922, tuttavia è divenuta ufficiale nel 1946: il primo anno da Italia finalmente libera e con suffragio universale. In quel momento venne scelta la mimosa come simbolo ufficiale: questo è un fiore forte, visto il periodo della sua fioritura, il fatto che sia economico e che sia giallo (simbolo del passaggio dalla morte alla vita).

La tipica capitalizzazione

È un classico, nella società di oggi, che la nostra economia sfrutti feste e celebrazioni per trarne profitto economico: compleanni, Natale, Pasqua, Capodanno e via dicendo. L’8 marzo non è un’eccezione: ogni anno, proprio in questa giornata, si nota un boost di vendite per i fiorai e per gli esercizi commerciali fornitori di cioccolata. Le mimose e i dolci (anche la torta mimosa!) sono regali molto comuni per la partner, e, per quanto simbolici, vengono ricambiati con gratitudine. È comunque giusto ricordare l’incoerenza di certe persone che acquistano questi oggetti: non c’è dubbio che molti partner violenti abbiano comprato questi ed altri regali alla propria compagna di vita, per poi sminuirla e vessarla con i peggiori comportamenti. È un peccato che azioni come queste rovinino il valore di tali oggetti simbolici.
Comunque sia, è sempre opportuno ricordare come l’8 marzo non sia una festa vera e propria, come invece molti locali fanno pensare: è giornata di lotta, di rivalsa, di realizzazione per tante, tantissime donne. Per questo, ogni anno, l’8 marzo troviamo le piazze gremite di gente, impegnate in più manifestazioni: alcune gioiose, nella rappresentazione dell’orgoglio femminile, altri sono flash mob con lo scopo di contrastare la violenza di genere.

Prima pagina, venti notizie, ventuno ingiustizie e lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità

Quando finalmente la popolazione riconosce che una giornata di queste è la perfetta occasione per le donne di rivendicare i propri spazi eccola, l’antagonista, l’Amministrazione: l’Italia si è sempre distinta per i “provvedimenti” assurdi e per le affermazioni aberranti, e anche quest’anno non è stata da meno. Che perle Made in Italy ci vengono offerte quest’anno? Perché non i gelati! Sì, proprio così! A Genova, ecco l’innovazione dell’anno: tre gelati rosa, di gusti nuovi e differenti, per celebrare l’unicità di ogni donna. Probabilmente, all’Amministrazione della città sfugge un problema non indifferente: dove sarebbe la “riflessione sulle pari opportunità” nel momento in cui il ricavato delle vendite (peraltro a prezzo pieno) non viene donato a centri antiviolenza e non-profit? Chissà.

Ma, direttamente dal nostro Governo, un’altra proposta-capolavoro: ingressi gratuiti in parchi e musei. Quale sarebbe lo scopo di queste iniziative alquanto selettive? Perché, anziché utilizzare dei fondi per un’iniziativa concreta, ci concentriamo su certe frivolezze? Perché, invece di regalare ingressi, non regaliamo opportunità? Perché, ricordiamolo, noi donne i nostri diritti e le nostre finte pari opportunità li paghiamo ben cari, a causa della società patriarcale e machista in cui viviamo. Però, come precedentemente affermato, quando il profitto viene prima del diritto, viene meno la serietà ed eccoci nell’ennesimo caso di capitalizzazione di un’importante causa sociale.

8 marzo, 25 novembre…e poi?

Cosa intendiamo, in queste due giornate “emblema” della donna e della femminilità, per “rivendicazione dei nostri spazi”? È chiaro. Se l’8 marzo le piazze sono piene di donne e uomini che manifestano per la parità, le case, i negozi ed i luoghi di lavoro sono tappezzati di mimose ovunque e le pasticcerie sfornano torte gialle ogni ora, il 9 marzo le donne tornano la carta straccia che sono state fino al 7. Così come il 25 novembre: scarpette rosse, rossetto rosso, tappeti rossi, rose rosse, vestiti rossi, flash mob, cortei, e poi? E poi, e poi, e poi. E poi, il 26 le donne continueranno ad essere uccise, stuprate, vessate, insultate, molestate dopo una sorta di “tregua quasi obbligata”. 

A cosa serve avere due giorni all’anno per rivendicare i nostri spazi, se poi coloro da cui vogliamo risposte non ce le danno e la società reagisce peggio di prima? Perché non si riesce a girare da sole nemmeno in pieno giorno? Perché non si può passeggiare per una strada, senza vedere macchine che si fermano e i guidatori urlano cose come “Bello quel culo”, a suon di clacson? Perché non si può stare al sicuro a scuola o sul posto di lavoro, senza avere paura di essere molestate dal capo, dal compagno, dal professore o dal collega? Perché le promozioni si danno sulla base della profondità della scollatura, della cura del trucco, della magrezza delle gambe, della lunghezza della gonna? Perché le ragazze hanno disinteresse come maschera della paura verso incarichi di tipo scientifico? Forse pressione familiare? Tra pari? Sociale? Perché è così difficile, vivere da donna? 

Un buon 8 marzo a tutte, anche a coloro che credono che sia l’ennesima scusa per festeggiare.

Federica Barone 4G

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