“Il Mondo al Contrario” solo se sei tu a testa in giù

Il 2023 è stato un anno di intense soddisfazioni, e questa non è da meno: l’ennesimo libro di un autore non-autore, l’ennesimo spreco di carta, l’ennesimo bersaglio dell’opinione pubblica. Quest’ultima tende spesso a sbagliare la mira della gogna mediatica, ma stavolta ci ha preso giusto: “Il Mondo al Contrario” è un mero ammasso di inchiostro, contenente solo e soltanto parole d’odio. Come stupirsi, d’altronde? Al generale Roberto Vannacci non è insolito affidarsi alla pratica di “hate speech” per ottenere consenso dagli elettori!

Ciò che “maggioranza non è” e le minacce alla “maggioranza silenziosa”

Da che mondo è mondo, la maggioranza (non soltanto politicamente parlando, bensì socialmente) ha spesso affrontato le varie minoranze con atteggiamenti oppressivi ed irrispettosi. Ad oggi, non è tanto diverso; basta semplicemente guardarsi intorno. “Il Mondo al Contrario” è un esempio perfetto: una maggioranza (politica e sociale), scaglia il sasso e nasconde la mano all’insorgere di minoranze innocue, che altro non fanno oltre a chiedere diritti e rispetto.

Troppi riferimenti, autoreferenze e altrettanti scivoloni: “Cogito ergo sum” e la maggioranza (?)

Secondo Vannacci, l’autoreferenzialità è criticabile, in quanto rende l’uomo egoista e concentrato sempre sui propri pensieri e percezioni. Per lui, quel “Cogito ergo sum” è il primo piccolo passo mosso da questa a favore del progresso e dello spirito critico, ma a sfavore di “quelli che ci hanno preceduto, della società, della maggioranza”, e, per tale ragione, “mettiamo in dubbio anche quello che dovrebbe essere ormai palesemente considerato come acquisito”. Il generale introduce, così, il concetto di “normalità”: per lui la normalità esiste, a sfavore di un’inclusività artificiale, per quanto essa non dev’essere per forza migliore o peggiore dell’altra. È qui che l’autore manifesta l’arroganza di definire quella delle minoranze una vera e propria “dittatura”: è davvero dittatura chiedere rispetto e diritti, ricorrendo proprio al diritto insindacabile di manifestazione e di parola, nonché di espressione?

L’arroganza di un libro “da inquisizione” e il diritto di parola

In seguito a questo scempio, innumerevoli sono state le critiche verso il generale Vannacci e il suo “capolavoro”. Le minoranze che si sono sentite toccate da questo testo, a dir poco minatorio, hanno manifestato il proprio dissenso, causando la rimozione dell’autore dai propri incarichi militari. È una mossa che lui (e non solo lui) considera ingiusta e barbara, rivendicando il diritto totale di parola, di stampa e d’espressione: non è (giusto un po’) egoista pretendere di avere libertà completa di parola, se nelle proprie affermazioni si minacciano queste categorie come se fossero i più grandi mali del mondo (pur avendo la fedina penale lucida e scintillante)? A questo dilemma risponde il generale Albino Amodio, ex presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, in modo a dir poco esaustivo.

Il militare è un cittadino, abilitato però ad una funzione particolare: l’uso della forza militare. In nome di queste funzioni particolari non possiamo negare ai militari i diritti fondamentali riconosciuti ad ogni cittadino, la legge può però porre dei limiti su come esercitarli. Il militare può esprimere il proprio pensiero, anche per iscritto, e non ha bisogno di essere autorizzato. Non è però libero di recare offesa a nessuno. E meno che mai può farlo qualificandosi come militare.

“Il Mondo al Contrario” è lo specchio del pensiero dell’italiano medio?

Probabile. Nella lettura parziale del testo, ho notato come determinate minoranze fossero prese di mira; tra queste, in particolare:

“Categoria LGBTQ+” (o lgbt++, come da lui definita)

Il primo e il più noto tra i bersagli del libro. Nella fattispecie, si trasforma in Tiziano Ferro (arcinoto il suo monologo “Le parole hanno un peso”, dove pronuncia in tono autoritario molteplici insulti) scrivendo, con esattezza, sedici parole d’odio per definire una persona omosessuale, condannando il fatto che siano ormai considerate da “hate speech”, se non da “tribunale” come indicato su Wikipedia, alla voce “Lessico dell’omofobia”. In particolare, lo infastidisce il fatto che per “etichettare” una persona omosessuale si utilizzi il termine ”gay”, in quanto neologismo inglese, e l’accezione che gli viene data mentre viene pronunciato. Inoltre, apre una parentesi anche sul capitolo “genitorialità ed adozioni”, affermando insistentemente che l’amore non basta per avere garantita l’adozione di un infante: infatti, per tale scopo, assistenti sociali ed enti specializzati controllano la famiglia prima di finalizzare la procedura. Dalle sue parole, tuttavia, mi sembra che il generale Vannacci abbia dimenticato il fatto che i controlli vengano effettuati sia su famiglie da lui definite “normali”, sia su quelle definite “arcobaleno”. Qui sorge la critica al DDL Zan, sostenendo che esso abbia come scopo quello di omologare le masse ad un pensiero unico, quello della cosiddetta “ideologia gender” (parolone di cui tanti politici e tante persone ordinarie si riempiono la bocca, dimenticando che esso non esista), insistendo sul fatto che la disparità di genere non sia una costruzione sociale, bensì che essa sia intrinseca nell’uomo in quanto reale.

“Le femministe” (il male del mondo, il mangia-cervello)

Per la serie “sproloqui assurdi”, ecco qui l’ennesimo: la critica alle femministe per aver permesso a degli uomini (donne transgender) di sopprimerle: ad esempio, le criminali trans non sono una minaccia in quanto criminali, ma in quanto trans; stesso discorso vale per atlete e modelle e via discorrendo.

“Transgender” (il crimine per eccellenza)

Collegandosi al punto precedente, Vannacci tiene a fare una precisazione su come le persone transgender vengano trattate: per lui, la “Ley trans” spagnola permette a chiunque di cambiare sesso “come si cambia bicicletta” (sic!).

“Gli immigrati” (o originari stranieri nati e cresciuti in Italia, perché sono “sporchi” anche loro)

È possibile che, secondo quanto riportato dal libro, esistano italiani di serie A e di serie B? Assolutamente sì. E quelli di serie B non hanno “l’italianità” nel sangue, soltanto perché i loro tratti somatici non sono quelli “standard”: pelle bianca e colori chiari. Quindi i cosiddetti “terroni” (mi stupisce che questo termine non sia utilizzato) potrebbero essere italiani di serie B, avendo una “palette” di colori leggermente più scura? Forse. Lui, però, fa un esempio specifico: l’atleta della Nazionale Italiana di Pallavolo Paola Egonu, bersagliata da insulti razzisti dovuti al colore della sua pelle. Di lei, Vannacci afferma che i suoi tratti somatici non rappresentano la cosiddetta “italianità” raffigurata nei quadri, negli affreschi, nelle statue e opere d’arte varie, che ci sono giunte dagli Etruschi sino ad oggi. È per questo che i trogloditi sono legittimati a riversare su di lei questo quantitativo spropositato di odio?

Ma Sallusti sarà pur libero di odiare chi vuole?

Eccola la crème de la crème: Alessandro Sallusti (direttore de “Il Giornale”) pone il discorso su un altro piano. “È più grave discriminare un uomo per le sue preferenze sessuali o un uomo per le sue idee?”, questo è il dilemma. Così facendo, prende in considerazione il rischio che “il tribunale del popolo (opinione pubblica) possa decidere cosa un uomo può odiare e cosa no”. Ma non è questa affermazione essa stessa la conferma che tutta questa pagliacciata sia un vero e proprio crimine d’odio?

Leggendo queste parole e pensandoci su un attimo, non è complicato ricordare quante volte, in Italia, un uomo (o donna), vedendo un proprio “dissimile” (differente identità di genere, sessualità, colore della pelle, religione, o semplicemente il sesso stesso), l’abbia aggredito verbalmente o, nel peggiore dei casi, anche fisicamente. È noto a tutti il pensiero retrogrado dell’italiano medio, arretrato su più fronti, che lo rende zimbello del mondo, nonché della società. Magari questo libro è proprio lo specchio di questa società retrograda e l’ennesimo segnale che una volta per tutte dovremmo darci una svegliata e rispettare l’altro per quanto diverso possa essere da noi; dobbiamo anche ricordare che ognuno ha diritto di libera stampa, espressione e parola, a patto che queste non ledano la libertà altrui.

Federica Barone 4G

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