Una lettera per il 27 Gennaio.

Oggi è la Giornata della Memoria e noi la vogliamo celebrare facendo finta di “essere una lettera”, inviata durante gli orrori della Seconda Guerra Mondiale.

Mi trovavo in una cartolibreria, in compagnia delle mie sorelle. Un giorno arrivò una bambina, di nome Edna, con sua madre, per comprare dei fogli da lettera. Il gestore del negozio prese l’involucro, con dentro me e le mie sorelle, e ci consegnò alle acquirenti. Uscimmo dal negozio, dove ero stata intrappolata per due mesi, e fui condotta verso la mia nuova casa.

Da quel momento notai cose, che dalla vetrina non si vedevano: vidi persone vestite di verde scuro e con uno strumento nero tra le mani, che appariva terrificante; altre che si nascondevano, inseguite da strani mostri, che percorrevano le strade. Dovunque grida, concitazione e caos!

Arrivammo davanti ad una porta e, quando si aprì, Edna mi prese e iniziò a macchiarmi con l’inchiostro. Finì di farmi il solletico, mi passò a sua madre e, poi, mi piegò tutta, fino a rendermi molto più piccola, per mettermi in una busta e darmi ad uno strano signore, che mi mise dentro ad una macchina.

Quell’automobile mi portò in uno strano edificio: una volta entrati, fui depositata insieme ad altri pezzi di carta come me. Rimasi lì per tanto tempo, incontrando, di tanto in tanto, le mie sorelle, che mi parlavano della mia amica bambina e del suo viaggio verso una meta ignota.

Passarono due anni e un giorno arrivò l’ultima sorella: era disperata, poiché aveva percepito che la bambina aveva scritto su di essa le parole “morte”, “camera” e “gas”!

Col tempo invecchiai e divenni tutta gialla. Dieci anni dopo mi portarono a Berlino, in una bella villa elegante e raffinata, dove c’era una ragazza di nome Anastasia, a cui Edna aveva sempre scritto.

Mi prese e mi lesse:  fece così con tutte le mie sorelle, fino ad arrivare all’ultima, dopo aver letto la quale scoppiò a piangere! Disse ad alta voce:

“Cara Anastasia, finalmente, dopo tanto tempo, i soldati mi stanno portando a fare una doccia. Mia madre ti vuole dire qualcosa, quindi adesso scriverà lei.

Cara Anastasia, sono la madre di Edna. Purtroppo ci stanno conducendo in un luogo sconosciuto…probabilmente stiamo andando a morire. Non ti incontreremo mai più. Sei stata la più cara amica di mia figlia e di questo ti ringrazio. Addio ”.

La ragazza lasciò cadere la lettera a terra e pianse disperatamente.

Oggi sono qui, insieme alle mie sorelle, dentro ad una teca di vetro, con tante persone che mi guardano. Intorno a me c’è un rispettoso silenzio. Mi è sembrato di sentire che mi trovo in un museo, in cui si ricorda una delle pagine più nere della storia dell’umanità: la Shoah.

Giulio Giarratana 1°E

Aranya Amenta 4°E

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