Una storia dietro al film: Franca Viola

Giorno 8 Marzo 2023 diverse scuole in tutta Italia sono andate nei loro cinema locali, per vedere un film che potesse rappresentare appieno quella giornata. Tale giorno è dedicato alla “festa della donna”, una giornata dove non si “festeggia” certamente la figura femminile, ma si ricordano tutte le fatiche che le donne hanno dovuto superare, per raggiungere la parità di genere con gli uomini, ingiustamente più avvantaggiati in diverse situazioni. Il film, che molti giovani studenti italiani hanno visto, si chiama “Primadonna”. La narrazione cinematografica ha origine da fatti realmente accaduti: è la storia di Franca Viola, giovane donna nata ad Alcamo il 9 gennaio del 1947. Franca è stata la prima donna italiana ad opporsi al “matrimonio riparatore”. Per “matrimonio riparatore” si intende una soluzione adottata per sistemare una situazione ritenuta, per una ragione o per l’altra, disonorevole per le persone coinvolte, per cui può trattarsi di un matrimonio forzato o meno. Era concepito come una forma di risarcimento e di presa di possesso della donna, che, secondo una concezione patriarcale, avendo perduto l’onore, non sarebbe più potuta essere presa in moglie da nessun altro uomo. Franca Viola è figlia di una coppia di coltivatori diretti e, all’età di quindici anni, con il consenso dei genitori si fidanzò con Filippo Melodia, nipote del mafioso Vincenzo Rimi, e membro di una famiglia benestante. Tuttavia, in quel periodo, Melodia venne arrestato per furto e appartenenza ad una banda mafiosa e ciò indusse il padre di Franca, Bernardo Viola, a rompere il fidanzamento. Per queste ragioni, la famiglia Viola fu soggetta ad una serie di violente minacce e intimidazioni: il loro vigneto venne distrutto, il casolare annesso bruciato e Bernardo Viola addirittura minacciato con una pistola al grido di “chista è chidda che scaccerà la testa a vossia” (questa – la pistola – è quella che le farà saltare la testa), ma tutto ciò non cambiò la sua decisione. Infine, il 26 dicembre 1965, all’età di quasi 17 anni, Franca Viola venne rapita (assieme al fratellino Mariano di 8 anni, subito rilasciato) da Melodia, che agì con l’aiuto di dodici amici, con i quali devastò l’abitazione della giovane e aggredì la madre, che tentava di difendere la ragazza. Franca fu violentata, malmenata e lasciata a digiuno, quindi tenuta segregata per otto giorni inizialmente in un casolare al di fuori del paese e poi in casa della sorella di Melodia ad Alcamo stessa. Il giorno di Capodanno, il padre della ragazza fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta “paciata”, ovvero per un incontro volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto e far accettare ai genitori di Franca le nozze dei due giovani. Il padre e la madre di Franca, d’accordo con la polizia, finsero di accettare le nozze riparatrici e addirittura il fatto che Franca dovesse rimanere presso l’abitazione di Filippo, ma il giorno successivo, 2 gennaio 1966, la polizia intervenne all’alba facendo irruzione nell’abitazione, liberando Franca ed arrestando Melodia e i suoi complici. Quasi un anno dopo al processo presso il Tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Giovanni Albeggiani e con Ludovico Corrao legale di parte civile, la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d’amore, la cosiddetta “fuitina”, un gesto che avrebbe avuto lo scopo di ottenere il consenso al matrimonio e mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto, e che il successivo rifiuto di Franca di sposare il rapitore sarebbe stato frutto del disaccordo della famiglia per la scelta del marito. Filippo Melodia fu condannato il 17 dicembre 1966 a 11 anni di carcere, ridotti il 10 luglio 1967 al processo di appello di Palermo a 10 anni con l’aggiunta di 2 di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Sentenza confermata in Cassazione il 30 maggio 1969. La Cassazione condannò sette complici di Melodia a 5 anni e 2 mesi ciascuno. Melodia uscì dal carcere nel 1976 e fu ucciso da ignoti, il 13 aprile 1978, nei dintorni di Modena, con un colpo di lupara. La norma invocata a propria discolpa dall’aggressore, l’articolo 544 del codice penale, sarà abrogata con la legge 442, promulgata il 5 agosto 1981, a sedici anni di distanza dal rapimento di Viola, e solamente nel 1996 lo stupro da reato «contro la morale» sarà riconosciuto in Italia come un reato «contro la persona».

Giulio Giarratana 3E
Aurora Barbagallo 1A

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