“C’è ancora domani”: una possibilità per celebrare chi prima di noi ha avuto il coraggio di parlare non parlando.

“A chi trova se stesso nel proprio coraggio

A chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio

A chi lotta da sempre e sopporta il dolore

Qui nessuno è diverso, nessuno è migliore”

Queste parole, scritte da Fiorella Mannoia nella sua celebre canzone “Che sia benedetta”,  esprimono al meglio ciò che viene raccontato da Paola Cortellesi nel suo film “C’è ancora domani”. Delia, una donna appartenente ad un passato difficile, che la tiene confinata in una realtà crudele: il marito Ivano, l’uomo di cui è vittima, abusa di ella giornalmente non solo fisicamente, ma, soprattutto, psicologicamente. Viene narrata la storia di una donna che, nonostante la propria rassegnazione passiva e la propria remissività, trova il coraggio di reagire, per il futuro dell’amata figlia Marcella. E Delia farebbe di tutto purché la figlia non riviva la straziante esistenza che ella stessa è stata costretta a vivere. Dunque, sopprimendo i propri timori, decide, il 3 giugno dell’anno 1946, di riscattarsi, andando a votare per la prima volta!
Una peculiare caratteristica di tale opera cinematografica, della cui visione tutta la nostra scuola ha goduto giorno 22, 27 e 28 novembre, è la rappresentazione delle scene narrate totalmente in bianco e nero. Tale scelta narrativa ha consentito a tutti noi spettatori la completa immedesimazione nell’epoca a cui Delia, donna logorata dal dolore, sopravvive. Riguardo alle scene in cui ella viene abusata fisicamente, Paola Cortellesi, intervistata in diretta streaming con molte scuole d’Italia dopo la proiezione di giorno 22, si esprime dicendo: “Ho pensato che la violenza è stata raccontata in modo realistico in tanti film, non volevo farlo in maniera così egualitaria. Ho pensato che fosse più violento raccontarlo metaforicamente con una danza.” Dunque, con “C’è ancora domani” Paola Cortellesi è stata capace di trasmetterci insegnamenti veramente importanti, con una tanta profonda leggerezza, che non è mai stato sinonimo di superficialità, ma di grande preziosità. E come afferma la canzone “A bocca chiusa” di Daniele Silvestri, presente nel film nella scena conclusiva:

“Non ho scudi per proteggermi né armi per difendermi

Né caschi per nascondermi o santi a cui rivolgermi

Ho solo questa lingua in bocca

E forse un mezzo sogno in tasca.”

Claudia Tretola, Letizia Lipari, Vittoria Salerno III D

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