“Do you speak Italian?”

Avevo non più di 10 anni quando, a Striscia la Notizia, assistetti ad una gag di Enzino Iacchetti su un fantomatico metodo per poter comunicare in qualsiasi parte del mondo, anche senza conoscere la lingua del posto. Il “metodo” consisteva nell’approcciare lo straniero in questione e porgli la seguente domanda: “Do you speak Italian?“. In caso lo straniero avesse risposto di no, si sarebbe passati al prossimo fino ad arrivare a colui o colei che fosse in grado di parlare italiano e poter, così, iniziare a conversare.

Ovviamente questa tecnica non è applicabile ed è per questo che studiamo le lingue straniere, principalmente l’inglese, poichè lingua universale. In inglese abbiamo la traduzione di quasi tutto ciò che potremmo esprimere in qualsiasi altra lingua, solo in maniera più concisa e semplice. Per fare un rapido esempio, una parola lunga e, se vogliamo, complessa come “chiaccherare“, in inglese si traduce con il monosillabo chat“, che viene utilizzato anche come sostantivo. A tal proposito, l’inglese è una lingua oggettivamente semplice. Questo, però, può risultare falso per uno speaker non nativo, in quanto non abituato ad emettere determinati suoni o saperli riconoscere. Al giorno d’oggi, è un requisito quasi fondamentale il saper parlare inglese a causa della globalizzazione. E’, quindi, fortemente consigliato studiare questa lingua, anche da autodidatta. Oggi, grazie al web, disponiamo di migliaia di video su Youtube e app divertenti (come ad esempio Duolingo) per imparare le basi di una lingua, gratuitamente.

Nei paragrafi precedenti ho utilizzato parole come “gag” e “speaker”, tutte di derivazione straniera: sono parole che usiamo ogni giorno, spesso senza renderci conto delle loro origini. Parole di questo tipo fanno ormai parte del nostro vocabolario, poichè pratiche e prive di una corretta traduzione italiana. Alcune di queste possiamo, infatti, considerarle parole universali, poichè in tutto il mondo vengono utilizzate per indicare lo stesso concetto, restando invariate. In giapponese, per esempio, esiste addrittura un intero alfabeto dedicato alle parole straniere (oltre a certi nomi di persona e alle onomatopee). Il Katakana è, infatti, il secondo alfabeto giapponese ed è costituito dai 46 suoni già presenti nell’Hiragana (il primo alfabeto), scritti soltanto in maniera diversa. Prendiamo come esempio la parola “coffee”: in katakana è scritta “コーヒー” (cofi) e si pronuncia in egual modo.

“Coffee & Sandwich” su un’insegna, in Giappone.

Questo perchè il 10% dei termini che compongono il vocabolario nipponico sono parole prese in prestito dalla lingua inglese. Per non parlare di svariati altri termini derivanti dalle altre lingue (vedi “スパゲッティ” ovvero “spaghetti”). Tutto questo è avvenuto grazie al fenomeno della globalizzazione, che ha reso possibile lo scambio interculturale e ha rivoluzionato il nostro modo di comunicare.

Per concludere, è importante tenere presente il motivo principale per cui studiamo le lingue: l’uomo è un animale sociale, dunque necessita di interagire con gli altri attraverso ciò che chiamiamo “comunicazione“. Sfortunatamente, in questo periodo l’abbiamo dovuta trascurare a causa delle norme di distanziamento sociale, che siamo tenuti a rispettare. L’importante è sempre pensare positivo e cercare di trarre il meglio da ogni situazione, che la vita ci pone davanti. Per esempio, potremmo sfruttare questi momenti di totale ozio, dedicandoci, invece, all’otium (lo studio, per gli antichi romani) e studiare una nuova lingua. E tu, che lingua vorresti imparare?

Lorenzo Dicembre IV C

Lorenzo Dicembre

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