“Elisabetta”, l’appello di una donna fantasma

“Elisabetta” è un docu-film in forma cortometraggio (durata: 25 minuti) che racconta la storia della regista italo-ghanese naturalizzata olandese Elisabetta Agyeiwaa. Il corto è stato diretto da lei stessa e ripercorre un viaggio lungo ben trent’anni alla vana ricerca della sua identità. No, non è una persona che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo: la sua identità è stata rubata da sua madre, che non ha la benché minima intenzione né di mantenere rapporti o contatti con lei, né di fare la minima mossa per restituirle l’identità che le spetta. Per capire bene di cosa stiamo parlando è fondamentale ripercorrere alcune tappe.

La nascita e i primi anni. Dall’Italia ai Paesi Bassi

Elisabetta nasce a Brescia nel 1991. È una bambina bellissima, però qualcosa non va: il certificato di nascita non è stato trasmesso all’ufficio anagrafe. La madre non si sente pronta per crescerla: non ha la disponibilità economica, né qualcuno che possa darle una mano. Per questo la zia la porterà nei Paesi Bassi con lo scopo di darla in adozione ad una sua conoscente clandestinamente. Elisabetta racconta che nei pochi anni in cui ha vissuto con la madre adottiva è riuscita a capire il significato di vero amore materno. Purtroppo, Marianne (questo è il suo nome) morirà quando la piccola ha solo 9 anni, lasciandole in eredità la casa. Qui scatta il problema: non potrà mai riceverla, perché i suoi documenti non esistono.

La tragica scoperta

A questo punto della storia, la parola passa al vicedirettore della scuola che Elisabetta ha frequentato durante l’infanzia. Egli spiega che l’hanno sempre chiamata col suo nome, sempre amata come tutti gli altri e trattata con curiosità ed interesse, visto che era la prima bambina nera di sempre in quella scuola. Spesso, però, sorgeva loro un dubbio: la scuola conteneva appena un centinaio di bambini, ma, nel contarli, ne risultava sempre uno in più. Alla morte di Marianne, che era ex insegnante, la tragica scoperta: l’identità della piccola è stata rubata. Come? Un funzionario del Comune di Brescia spiega che i dipendenti degli uffici comunali e delle forze dell’ordine contano sul buon senso e sulla buonafede di chi hanno davanti: se una madre ha in braccio una bambina e dice loro che ella è sua figlia, loro le crederanno. È proprio ciò che è successo in questo caso: la madre di Elisabetta si è presentata all’anagrafe con una bambina in braccio che non era lei, associandole il suo certificato di nascita. Qui hanno inizio i guai e la piccola Elisabetta cade nello sconforto: non potrà viaggiare (non potendo avere un suo passaporto), non potrà sposarsi, non potrà comprare una casa. Tutt’oggi, nel 2022, è considerata “figlia dello Stato olandese”.

E adesso?

Oggi Elisabetta ha trovato l’amore della sua vita e ha un figlio. Si sta ancora battendo per la riconquista della sua identità, rifiutandosi categoricamente di acquisirne una nuova, perché “io sono sempre stata Elisabetta, non ho motivo di cambiare nome: tutti mi conoscono in questo modo, e mi sono sempre identificata così”. Lei spera che, attraverso il suo cortometraggio, possa raggiungere il padre biologico, l’unica persona (oltre la madre) in grado di poterla aiutare. L’unica cosa che noi possiamo fare è sperare con tutto il cuore che riesca a recuperare la sua identità e vivere finalmente serena.

Federica Barone III G

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