En el tiempo de las mariposas

En el tiempo de las mariposas

 

Il 25 novembre in tutto il mondo si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, una ricorrenza istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che in questa data invita i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle più devastanti violazioni dei diritti umani. Il 25 novembre inaugura un periodo di 16 giorni dedicato all’attivismo contro la violenza di genere, che si conclude il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei diritti Umani.
Ma perché è stata scelta questa data? La ricorrenza commemora la storia di tre sorelle: Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, las mariposas, che hanno combattuto per la libertà del loro Paese, la Repubblica Dominicana degli anni Quaranta e Cinquanta, sotto la dittatura del generale Rafael Trujillo.
La condizione della donna nel corso dei secoli ha subito svariati cambiamenti, a seconda dell’evoluzione politica e giuridica dei popoli. Fu dopo la Rivoluzione Francese che la sfera dei diritti delle donne fu ampliata. Grazie al lavoro divennero più libere, non erano più confinate in casa e sottomesse. In Italia nel 1946 arrivarono i primi riconoscimenti: le donne votarono per la prima volta.
Purtroppo la stessa emancipazione non è avvenuta nel mondo islamico, in cui le donne sono ancora sottoposte all’autorità del padre, dei fratelli o del marito; il loro corpo, considerato una tentazione diabolica per i credenti, è motivo di vergogna e per questo va velato.
Il 16 settembre scorso una ragazza iraniana di ventidue anni di nome Mahsa Amini è morta mentre era sotto la custodia della polizia religiosa. Il 13 settembre, mentre si recava con i genitori a trovare dei parenti a Teheran, è stata fermata ad un posto di blocco perché non indossava l’hijab, il tradizionale velo islamico, in maniera conforme alla legge coranica. Secondo alcune testimonianze, dopo il fermo, Mahsa avrebbe ricevuto una serie di percosse che ne avrebbero provocato il decesso, verificatosi in ospedale presso il quale era giunta già in stato di morte cerebrale. La polizia e le autorità religiose sostengono che la giovane sia morta per cause naturali, ma i genitori di Mahsa si oppongono a questa versione dicendo che la figlia non aveva alcun problema di salute. A sostenere la tesi dell’omicidio di stato ci sono alcune foto circolate su Twitter che ritraggono la ragazza con delle vistose ferite sul volto.
Dopo la morte di Mahsa Amini sono divampate le proteste di piazza in Iran. Almeno 31 civili sono stati uccisi dall’inizio delle manifestazioni che hanno interessato 15 città del paese. La polizia iraniana ha represso i violenti tumulti aprendo il fuoco sui manifestanti. La morte di Mahsa Amini ha provocato un’ondata di indignazione che, anche grazie ai social, ha oltrepassato i confini nazionali per assumere una dimensione globale. È diventato virale il video della donna iraniana che canta “Bella ciao”, l’inno alla libertà contro ogni abuso. La morte di Mahsa Amini è diventata un simbolo della lotta ai soprusi del fondamentalismo islamico nei confronti delle donne. Il taglio dei capelli è il gesto simbolo di queste proteste: un atto simbolico che si rifà ad una vecchia cerimonia utilizzata nel paese in segno di lutto. Significa ignorare la propria bellezza per dimostrare il proprio stato di tristezza.

Lo slogan “Donna, Vita, Libertà” racchiude tutto il significato profondo di questa lunga protesta mai culturalmente cessata: la ricerca della libertà di scegliere.
Anche la mia scuola, il liceo scientifico Corbino di Siracusa, ha aderito alla manifestazione di solidarietà verso le donne iraniane. Il 12 Ottobre scorso la comunità scolastica del liceo, nel cortile della scuola, ha proceduto al taglio di ciocche di capelli in segno di vicinanza, così come hanno fatto sui social in tanti, noti artisti come cantanti e attrici. Le forbici sono state affidate al professore Vincenzo Vinciullo, insegnante della scuola, che poi si è sottoposto anch’egli al taglio. Studentesse e studenti, dirigente e docenti, insieme al personale non docente, hanno così ricordato il coraggio e il sacrificio della giovane Mahsa Amini, vittima dell’oppressione politica e uccisa per affermare la sua libertà.

Alessandro Boscarino I A

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