I falsi perdenti

Siamo quasi giunti alla fine dell’anno scolastico ed è tempo di bilanci. Il momento dei bilanci ha una grande importanza, perché ci dà modo di fermarci a riflettere su di noi e, se affrontato nel modo giusto, ci fornisce una spinta per impegnarci in cambiamenti che possono contribuire al nostro benessere e al raggiungimento dei nostri prossimi obiettivi.

Molto probabilmente dei buoni propositi, che avevamo fatto all’inizio dell’anno scolastico, non ci sarà rimasto che un vago ricordo. Ripensando agli ultimi mesi, potremmo avere la sensazione che il nostro anno sia stato fatto di alti e bassi oppure di avere vissuto un grande successo o un grande fallimento. In tutti i casi, le sensazioni che emergeranno saranno la base sulla quale costruiremo i nuovi propositi.

Il binomio vincente – perdente è espressione di una visione del mondo impostata sulla competizione. Tuttavia, i problemi del mondo di oggi verranno affrontati più efficacemente con un modo di pensare caratterizzato da cooperazione, come racconta Alex Zanardi:

“Raggiungere un obiettivo non comporta raggiungere necessariamente la felicità. È il contrario, credo. Bisogna averla dentro in partenza questa felicità, per provare a raggiungere un obiettivo. A quel punto, la fatica, l’impegno restituiscono sempre qualcosa di prezioso. Non importa se vinci o perdi. Importa impegnarsi per provare. Per me di sicuro. Ma credo sia lo stesso per gli altri. Dare tutto, mettersi in discussione, cercare un limite. Sono termini che appartengono allo sport, che fanno dello sport un universo bellissimo. Ma hanno a che fare con la vita, con una quantità di contesti diversi” (Alex Zanardi).

Vincente – perdente è un rozzo criterio di giudizio del pensiero dicotomico, che schematizza e semplifica, dividendo il mondo in bianco e nero, in amici e nemici, in perdenti e vincenti, senza sfumature, un mondo in cui le persone perdono il piacere di assaporare le piccole cose e si esaltano solo per i risultati eccellenti, in cui si perde il piacere di mettersi alla prova. Si è disposti a vincere anche con l’inganno e si trasforma ogni sconfitta in un evento traumatico.

“Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta, alla sua gestione, all’umanità che ne scaturisce, costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati, non divenire uno sgomitatore sociale e a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare… A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. È un esercizio che mi riesce bene e mi riconcilia con il mio sacro poco.” (Rosaria Gasparro, citazione erroneamente attribuita a Pier Paolo Pasolini).

Si tratta di un atteggiamento che riguarda qualsiasi ambito, dallo sport alla politica agli affari, influenzando anche programmi di formazione e di crescita personale, di derivazione USA, che promettono di trasformarci in venditori, manager o leader vincenti.

Cerchiamo quindi di valorizzare gli aspetti positivi e di evitare tutto quello che ci appare come troppo negativo. Abbiamo avuto delusioni? Fallimenti? Impariamo a ridimensionarli. Riguardo alle esperienze negative, normalmente tendiamo a dar loro un peso maggiore di quello che hanno. Ripercorriamo con la mente i momenti difficili da cui siamo riusciti ad uscire, le esperienze che abbiamo vissuto e che ci hanno fatto crescere, le delusioni che non ci hanno fermato, l’impegno e la fatica che hanno portato a dei risultati, la mano che abbiamo teso a qualcuno che aveva bisogno di noi.

Ripartiamo da qui.

Alessandro Boscarino 1A

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