Il sapore della libertà

C'era una volta una giovinetta, la cui unica "colpa" era quella di essere nata in una famiglia ebrea.
Una ragazzina, che, durante la prigionia, aveva perso tanto di quel peso che il suo corpo era irriconoscibile: aveva perso le forme aggraziate di una adolescente. 
Questo accadde perché un giorno quella ragazzina cadde nel baratro della deportazione nazista e fu internata ad Auschwitz.
Alla fanciulla avevano persino cambiato il proprio nome con dei numeri:  
il "75190" avrebbe convissuto insieme ad altri numeri, così come si fa per la carne da macello.
Arrivò il momento della liberazione: i deportati camminarono faticosamente verso il nord della Germania. 
A 700 km da Auschwitz si sentiva nell'aria un vento di libertà, ma la cosa che meravigliava i prigionieri era vedere i loro carnefici, in mutande, rivestirsi di stracci e mischiarsi con loro per paura di essere riconosciuti.
Era il  1° maggio del 1945 quando vide arrivare dei soldati "gentili", con uniformi diverse da quelle a cui erano abituati, per liberare lei e i suoi compagni. 
I soldati "buoni" fecero regali consolatori a quella gente sfortunata : cioccolato, sigarette e frutta secca. Un'albicocca le sfiorò la bocca e cadde a terra: a fatica la ragazzina la raccolse e se la mangiò, pensando: "Questo è sicuramente il sapore della libertà."

Questa è la storia di Liliana Segre, una delle superstiti della grande tragedia della Seconda Guerra Mondiale, tratta da un'intervista a lei dedicata, dopo la sua nomina a Senatrice della Repubblica Italiana, avvenuta, su iniziativa del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il 19 Gennaio 2018.   

Giulio Giarratana II E

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